Omen Nomen.......
Mario Frustalupi, il regista che rinacque tre volte. Ne parla anche Guy
Chiappaventi, nel recente Pistole e palloni. Ultimo di otto fratelli.
All’anagrafe, Mariolino. Un nome che lo imbarazzava, non perché sembrava
rimandare a «quel fisico da impiegato delle poste», 1.66 per 66 chili,
ma perché era un altro modo per confonderlo con Corso. Nasce il 12
settembre 1942, a Orvieto. Fa un provino nel Milan. «E’ bravo, ma non ha
il fisico. Ripassate, casomai». Casomai è Genova, Sampdoria. Entra nel
giro della prima squadra a 18 anni, panchina fino al 5 maggio 1963.
Primo gol in A, all’esordio. Torino-Sampdoria 4-2. Regista di classe,
destro e sinistro, al figlio Nicolò dice: «Non accontentarti di un piede
solo. Non basta». Resta alla Samp, con la moglie Carla, fino al `70.
Heriberto Herrera lo vuole all’Inter, per sostituire Suarez. Ma Herrera
salta subito. Al suo posto, dalle giovanili, Invernizzi. Addio cabina di
regia, Corso e Jair (non esattamente suoi estimatori) esultano.
Quell’Inter vince uno scudetto, Frustalupi è spesso in panchina. L’anno
dopo, con Corso squalificato in Europa, è schierato in Coppa Campioni.
Arriva in finale, perde con l’Ajax e Cruyff. Fine della corsa, l’Inter
lo scarica alla «provinciale» Lazio come contropartita per Massa. Giunto
a Roma, litiga con Chinaglia, scopre che i tifosi lo ritengono «un
ferrovecchio affibbiato dal Nord». E lo spogliatoio è una polveriera.
Lega con Martini e Re Cecconi, senza condividerne idee politiche e
passione per le pistole. E’ socialista, quando il socialismo è ancora
idea e tramite della sinistra. Il Psi alleato con Pci e Democrazia
Proletaria, sconfitto nel `76 dal «turarsi il naso» montanelliano.
Niente sorpasso sulla Dc, niente alternativa di sinistra. Al segretario,
De Martino, si rinfaccerà l’eccessiva sudditanza al Pci. Lui: «Noi
abbiamo scosso l’albero, e i comunisti hanno raccolto i frutti». E lo
sostituiranno con un ammiratore della socialdemocrazia tedesca.
Benedetto Craxi.
I tifosi della Lazio lo chiamano «Frusta». Soprannome fuorviante, non
rende conto della classe. Quella Lazio, la «provinciale», vincerà lo
scudetto. 12 maggio 1974. Frustalupi titolare, sempre. Gigi Martini:
«Lui era il genio, noi la sregolatezza». «Nano sapiente», per Brera. Ma
alla Lazio dura un altro anno appena. Poi, ancora: ci spiace, sei
finito. Lui, che una volta disse che «i giocatori sono eterni bambini,
bisognosi di continue attenzioni, quando vanno in panchina muoiono»,
porta i suoi 33 anni e il look da beat (capelli lunghi, basette lunghe,
stivaletti con la zip, giacche mai) a Cesena. Il Cesena arriva sesto,
finisce in Coppa Uefa. Nel `77, per la terza volta: ti vendiamo, sei
finito. Potrebbe smettere, non smette. Lo vuole il Genoa, l’allenatore
Gigi Simoni blocca il trasferimento: «Frustalupi? Giocava ai miei tempi,
che me ne faccio».
Se ne fa la Pistoiese. E Guccini. Nell’80, serie A. La terza rinascita.
L’anno dopo, si ritira. A quasi quarant’anni. Apre una concessionaria
Lancia, fa ripartire la Pistoiese dopo il fallimento, s’inventa
direttore sportivo e pre-procuratore (non pagato). Scopre Ruben Sosa. Il
14 aprile 1990, il sabato di Pasqua, sull’autostrada Voltri-Sempione,
sta raggiungendo la famiglia a Cervinia. Nel portabagagli ha un uovo di
Pasqua. La sua Lancia Thema è travolta da una Golf. Muore sul colpo.
Lui, i quattro della Golf.
Sono della Lazio perchè siamo nati non siamo stati fusi - Sono della Lazio perchè siamo nati in una piazza e non da un incrocio - Sono della Lazio perchè non mi devo chiamare roma per sembrare di Roma....io sono di Roma - Sono della Lazio perchè i miei antenati avevano aquile d'oro alla testa delle loro legioni e lupe nei loro bordelli - Sono della Lazio perchè non sono di moda perchè non sono nel branco - Sono della Lazio per il 9 gennaio del 1900
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